Il territorio calabrese compreso tra Locri e Gerace ha subito una serie di significative metamorfosi politiche, economiche e culturali che, a partire dal tardo antico fino all'età svevo-angioina, ha influenzato lo sviluppo di un ambito territoriale solo apparentemente omogeneo. Le tracce archeologiche della presenza bizantina prima, normanna e sveva poi, sono una inequivocabile testimonianza di questo processo evolutivo che è stato esaminato considerando, inoltre, le successive fasi post medievali. Oltre allo studio insediativo si è voluto dare ampio spazio alla cultura materiale anche attraverso i manufatti rinvenuti negli ossari che, dalla metà del XIII al XVIII secolo, sono stati utilizzati per inumare una parte della popolazione sulla quale sono state effettuate le analisi antropologiche che hanno restituito informazioni demografiche di un certo interesse. Inoltre, l'analisi stratigrafica degli elevati, alla quale è stata abbinata l'indagine geologica per individuare le cave di provenienza dei litotipi utilizzati, ha permesso di tracciare un quadro dello sviluppo urbanistico di Gerace. In particolare è stato preso in considerazione il periodo normanno, contraddistinto non solo da un'importante fase costruttiva, ma anche da un'originale sintassi artistica e culturale inseribile, a pieno titolo, nel contesto di un'ampia koinè mediterranea.
Viene illustrata la figura del Soprintendente e archeologo Vincenzo Tusa come uomo e come studioso: le sue ricerche e scavi nella Siclia occidentale (Solunto, Selinunte, Mozia, Segesta, etc.), le sue molteplici attività a difesa dei Beni culturali, e le sue opere e scritti scientifici.
In the undulating plains of north-eastern Syria is the site of Tell Barri, identified with the city of Kahat. The archaeological sequence which has been brought to light stretches without interruption from the start of the third millennium up to the fourteenth century AD. This report records the results of the eighteenth excavation campaign, carried out by the group from the University of Florence and from the "Federico II" University of Naples. In Area G, the excavation of the chapel dating to the third millennium proceeded, bringing to light a palatine building that can be attributed to the Mid Assyrian King Adad-Nirari I. In Areas A and J, the Parthian, Hellenistic and Achemenidian layers were excavated up to the level of the Neo-Babylonian reoccupation of the Assyrian palace of Tukulti-Ninurta II. As regards the Parthian phase, investigation has proceeded on the Great Defensive Wall and on the large edifice in the lower city. The text, delivered for printing in July 2005, was published following the tragic death of Paolo Emilio Pecorella, which took place on 29 August in Tell Barri, in the course of the excavation campaign. - Nelle ondulate pianure della Siria nord-orientale si trova il sito di Tell Barri, identificato con la città di Kahat. La sequenza archeologica portata alla luce va dall'inizio del III millennio sino al XIV secolo d.C, senza soluzione di continuità. La presente relazione dà ragione dei risultati della diciottesima campagna di scavo ad opera del gruppo dell'Università di Firenze e dell'Università 'Federico II' di Napoli. Nell'Area G è proseguito lo scavo del sacello del III millennio e si è messo in luce un edificio palatino attribuibile al re medio assiro Adad-Nirari I; nelle Aree A e J sono stati scavati gli strati partici, ellenistici ed achemenidi, sino al livello della rioccupazione neobabilonese del palazzo assiro di Tukulti-Ninurta II. Per la fase partica è proseguita l'indagine sia del Grande Muro di Difesa sia del grande edificio della città bassa. Il testo, consegnato per la stampa a luglio del 2005, vede la luce dopo la tragica scomparsa di Paolo Emilio Pecorella, avvenuta il 29 agosto a Tell Barri, nel corso della campagna di scavo.
In the undulating plains of north-eastern Syria is the site of Tell Barri, identified with the city of Kahat. The archaeological sequence which has been brought to light stretches without interruption from the start of the third millennium up to the fourteenth century AD. This report records the results of the seventeenth excavation campaign, carried out by the group from the University of Florence and from the "Federico II" University of Naples. Layers from the end of the third millennium have been brought to light, the passage between the Mid- and Neo-Assyrian periods. In the palace of Tukulti-Ninurta II the reception hall was discovered. For the later periods, investigation has proceeded on the Great Defensive Wall of Parthian age, and on the large edifice in the lower city. - Nelle ondulate pianure della Siria nord-orientale si trova il sito di Tell Barri, identificato con la città di Kahat. La sequenza archeologica portata alla luce va dall'inizio del III millennio sino al XIV secolo d.C., senza soluzione di continuità. La presente relazione dà ragione dei risultati della diciassettesima campagna ad opera del gruppo dell'Università di Firenze e dell'Università 'Federico Il' di Napoli. Sono stati messi in luce strati della fine del III millennio, il passaggio tra periodo medio e neoassiro. Nel palazzo di Tukulti-Ninurta II è stata scoperta la sala di rappresentanza. Per i periodi tardi è proseguita l'indagine del Grande Muro di Difesa d'età partica e del grande edificio nella città bassa.
In the plains of north-eastern Syria, not far from the course of the Tigris, is the site of Tell Barri, identified with the city of Kahat, a centre famous in the course of the second millennium for the presence of the temple of the god of the storm and for the palace of Tukulti-Ninurta II, an Assyrian sovereign of the ninth century BC. The archaeological sequence which has been brought to light stretches from the start of the third millennium up to the fourteenth century AD. From the Sumerian, Accadian, Paleo-Babylonian and Assyrian evidence through to the Achemenidian, Hellenistic, Parthian, Sassanid-Byzantine and finally mediaeval occupation. The book illustrates the results of the seventeenth excavation campaign, carried out by the group from the University of Florence and from the "Federico II" University of Naples. - Nelle pianure della Siria nord-occidentale, non lontano dal corso del Tigri, si trova il sito di Tell Barri, identificato con la città di Kahat, centro noto nel corso del II millennio per la presenza del tempio del dio della tempesta e per il palazzo di Tukulti-Ninurta II, sovrano assiro del IX secolo a.C. La sequenza archeologica portata alla luce va dall'inizio del III millennio sino al XIV secolo d.C. Dalle testimonianze sumeriche, accadiche, paleobabilonesi, assire fino all'occupazione achemenide, ellenistica, partica, sasanide-bizantina ed infine medioevale. Il volume illustra i risultati dello scavo della diciassettesima campagna condotta dall'Università di Firenze e dall'Università "Federico II" di Napoli.
Con 'Archeologia musicale' viene definito un ambito di ricerca che adotta entrambi i metodi di indagine scientifica della musicologia e dell'archeologia e si basa sullo studio di diversi tipi di 'oggetti' di interesse musicale, in particolare strumenti musicali, documenti figurati, documenti epigrafici e numismatici rinvenuti nei contesti sacri, funerari, urbani e militari, oltre che sullo studio delle fonti scritte. Lo studio e l'interpretazione della documentazione dei reperti archeologici di interesse musicale e la conoscenza del contesto di rinvenimento aiutano a comprenderne l'uso e la funzione e consentono di definire cosa la musica e il far musica significassero per le società antiche. Un esempio di questo approccio è offerto dallo studio degli strumenti musicali e degli oggetti sonori provenienti dagli scavi archeologici di santuari, necropoli e abitati della Sicilia, che costituiscono da un lato una preziosa documentazione della presenza di manifestazioni sonore nel mondo antico e dell'intimo rapporto esistente fra i fenomeni musicali, i culti, le cerimonie religiose e l'ideologia funeraria, dall'altro la testimonianza dei luoghi dove la musica veniva praticata ed eseguita.
International audience ; L'analyse des sources écrites (notamment Homère, Iliade, XVIII, 478-607) permet de repérer les phénomènes historiques, économiques et sociaux impliqués dans la naissance de la cité grecque (polis). Le site de Phaistos (Messara, Crète) constitue, grâce aux fouilles archéologiques récentes, un excellent banc d'épreuve pour tester la valeur des critères archéologiques généralement invoqués pour définir une polis à ses débuts (la croissance économique et démographique, les lieux de réunion des institutions civiques, l'organisation urbaine comprenant les sanctuaires, les quartiers d'habitation dotés de rues pavées, les nécropoles, les fortifications). ; L'analisi delle fonti (in particolare Omero, Iliade, XVIII, vv. 478-607) permette di individuare i fenomeni storici, economici e sociali connessi con la nascita della città greca (polis). Il sito di Festòs (Messarà, Creta) costituisce, grazie ai recenti scavi archeologici, un eccellente banco di prova per i criteri archeologici spesso chiamati in causa nella definizione della polis nascente (la crescita economica e demografica, i luoghi di riunione delle istituzioni civiche, l'organizzazione urbana con i santuari, i quartieri d'abitazione attraversati da strade lastricate, le necropoli, le fortificazioni).
Il contributo presenta le novità derivanti dalle più recenti ricerche condotte a Senigallia. Grazie ad una Convenzione tra Università di Bologna, Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e Comune di Senigallia è stato possibile effettuare nuove ricerche e nuovi scavi archeologici. Il quadro che emerge è del tutto differente rispetto a quanto finora noto in letteratura: la prima colonia maritima in Adriatico, infatti, sembra piuttosto aver la forma e le dimensioni di una colonia Latina, sul modello di quanto avverrà, un ventennio dopo, nella colonia di Ariminum. È probabile che Roma adotti, nella sua 'politica adriatica', una nuova forma di città. ; The paper presents some new data resulting from the most recent research carried out in Senigallia by the University of Bologna. Thanks to a special agreement with the Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche and the Municipality of Senigallia, new research and archaeological digs are in progress. The results obtained reveal a frame completely different compared to the previous knowledge. In fact, the first colonia maritima on the Adriatic Sea seems to reveal shape and size of a colonia Latina, recalling the same situation which, 20 years later, characterizes the colonia of Ariminum. The new gained knowledge allows us to hypothesize that Rome adopted a new city's model in its 'Adriatic policy'.
Nel corso del Settecento le antichità campane si erano imposte all'attenzione internazionale anche a seguito di precise scelte della monarchia borbonica, che dichiarava gli scavi archeologici attività complementari ai successi militari del re. Dopo l'Unità Napoli da capitale del Regno, centro di interessi collezionistici e di mercato, divenne zona periferica rispetto al più vasto Stato unitario, con una progressiva marginalizzazione politica ed economica che doveva condizionare anche un settore profondamente legato all'autorappresentazione dei ceti sociali dominanti, come la compravendita di antichità, il collezionismo e la stessa pratica dell'archeologia. Questo lavoro esamina la storia sociale dell'archeologia napoletana, inscindibilmente connessa al fenomeno del commercio antiquario, a partire dagli ultimi anni prima del crollo della monarchia borbonica e sino agli esordi del Novecento, esaminando le trasformazioni culturali, socio-politiche, e conseguentemente istituzionali, che portarono alla necessità della promulgazione di una legislazione dedicata, restrittiva in materia di esportazioni dei Beni Culturali a salvaguardia dei più generali interessi nazionali.
Con l'arrivo a Napoli di Carlo di Borbone, nel 1734, cessata la plurisecolare dipendenza delle Sicilie da sovrani esterni e non residenti, prese subito avvio la formazione di una corte che divenne ben presto motivo di ammirazione per diplomatici e viaggiatori stranieri, oltre che uno dei simboli della politica di rafforzamento del nuovo Stato e della sua autonomia.A lungo trascurata dalla storiografia, la corte di Carlo e Maria Amalia viene qui indagata da punti di vista molteplici: le continuità e le discontinuità rispetto ai precedenti modelli vicereali e ad altri modelli europei, l'importanza simbolica di cerimonie e etichette nella costruzione di gerarchie cetuali e statuali, i contesti architettonici e la pluralità delle sedi, da Napoli e Capodimonte a Caserta e Carditello, da Portici a Persano. Nozze, nascite, funerali, rappresentazioni teatrali e scavi archeologici, partite di caccia e cerimonie laiche e religiose furono altrettante occasioni di esibizione della maestà del re e della sua munificenza, momenti celebrativi della unione tra il sovrano e il suo popolo. Anche inchini e baciamani potevano servire a costruire una civiltà delle buone maniere e a forgiare un'immagine di prestigio dello Stato napoletano sulla scena europea.
Con l'arrivo a Napoli di Carlo di Borbone, nel 1734, cessata la plurisecolare dipendenza delle Sicilie da sovrani esterni e non residenti, prese subito avvio la formazione di una corte che divenne ben presto motivo di ammirazione per diplomatici e viaggiatori stranieri, oltre che uno dei simboli della politica di rafforzamento del nuovo Stato e della sua autonomia.A lungo trascurata dalla storiografia, la corte di Carlo e Maria Amalia viene qui indagata da punti di vista molteplici: le continuità e le discontinuità rispetto ai precedenti modelli vicereali e ad altri modelli europei, l'importanza simbolica di cerimonie e etichette nella costruzione di gerarchie cetuali e statuali, i contesti architettonici e la pluralità delle sedi, da Napoli e Capodimonte a Caserta e Carditello, da Portici a Persano. Nozze, nascite, funerali, rappresentazioni teatrali e scavi archeologici, partite di caccia e cerimonie laiche e religiose furono altrettante occasioni di esibizione della maestà del re e della sua munificenza, momenti celebrativi della unione tra il sovrano e il suo popolo. Anche inchini e baciamani potevano servire a costruire una civiltà delle buone maniere e a forgiare un'immagine di prestigio dello Stato napoletano sulla scena europea.
Nel Medioevo la Valtellina, parte della diocesi di Como, restò ai margini delle strategie politico-territoriali della fascia subalpina. Ciò spiega, al pari delle distruzioni volontarie o dovute a calamità naturali, la scarsità di testimonianze superstiti della civiltà romanica. Gli scavi archeologici condotti nell'ultimo ventennio, promossi dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e coordinati da Valeria Mariotti, hanno tuttavia rivelato nuove tracce di tale civiltà in una trentina di contesti religiosi, rendendo opportuno un nuovo tentativo di sintesi del fenomeno. Alla luce dei dati archeologici, anche in Valtellina nei secoli XI e XII l'attività costruttiva fu sostenuta, ma a parte le ecclesiae baptismales difficilmente si andò oltre l'aula absidata di medie dimensioni e di modesta qualità costruttiva. Considerando invece le ecclesiae baptismales, in Sant'Eufemia a Teglio è riemerso il tracciato dell'aula absidata paleocristiana, dotata di un podio che includeva l'altare e il sedile semicircolare per i celebranti (synthronos). Si tratta di un elemento liturgico ormai ben documentato nell'Italia del nord per i secoli V e VI. All'inizio del XII secolo (forse in occasione della consacrazione del 1117) la chiesa fu demolita e ricostruita a tre navate e tre absidi, secondo un modello diffuso nella valle (San Lorenzo a Chiavenna, San Vincenzo a Gravedona, Santo Stefano a Mazzo) e in tutta l'area lombarda. Demolito anche questo edificio per lasciare il posto all'attuale chiesa rinascimentale, alcuni frammenti dei dipinti murali furono sigillati nel nuovo pavimento: si tratta di pittura romanica di qualità, in attesa di un tentativo di ricomposizione del puzzle. 150 m a est di Sant'Eufemia si trova la cappella di San Pietro, databile al secondo quarto del secolo XI e forse già in stretto rapporto con l'ecclesia matrix. L'ecclesia baptismale di Santo Stefano a Mazzo è citata per la prima volta nel diploma imperiale del 3 gennaio 824. Nel 1150 è attestata la canonica. Alla fine del XIII secolo il collegio risulta composto dall'arciprete e da cinque canonici. Databile alla fine del secolo XI è la struttura ottagonale con presbiterio rettangolare est (demolito) del battistero di San Giovanni, confrontabile con i battisteri di Agliate, Oggiono e Lenno, e invece meno vicino al modello ambrosiano a nicchie. Gli scavi 1999-2001 all'interno del battistero hanno rinvenuto il fonte battesimale preromanico ad immersione, probabilmente quello indirettamente attestato nell'824. Evidenti tracce di una fase romanica emergono dall'adiancente chiesa di Santa Maria (ricostruita fra i secoli XVII e XIX) e dall'ecclesia matrix di Santo Stefano (ricostruita nel XV secolo), 40 m a nordest del battistero. Di conseguenza si ipotizza che alla fine dell'XI secolo l'intero complesso sia stato riprogettato con due chiese e un battistero, secondo il modello delle cattedrali doppie lombarde.